Kappenabzeichen e stato dell'arte 1982-2020
Conviene talvolta interrogarsi sul dove siano giunte le nostre conoscenze a proposito di un qualche argomento che ci interessa o ci riguarda in modo particolare.
A cura di Roberto Todero
Il momento in cui si ritiene giusto verificare ciò che comunemente si chiama “lo stato dell’arte”, vale a dire le nostre ma più ancora le altrui conoscenze, con un particolare riguardo a quelle pubblicate e messe quindi a disposizione di tutti. Questa regola vale per tutti i campi di ricerca umani, ma in questo momento la voglio applicare ad un campo particolare, più vicino ai nostri interessi collezionistici: quello della conoscenza dei Kappenabzeichen, i distintivi da berretto dell’esercito austro – ungarico.
Raccolti per anni con scarso interesse alla stregua di figurine, solo negli ultimi dieci, forse quindici anni si è raggiunta una maggior consapevolezza su di questi piccoli capolavori d’arte, oggetti ricchi di storia e memoria.
Pezzetti di metallo gravati delle più svariate immagini: mezzi busti, ritratti, scene di battaglia o di campagna, montagne inaccessibili ed alpinisti - esploratori in uniforme, fiumi,
laghi, settori dimenticati di fronti lontani dei quali la moderna storiografia spesso non porta traccia. E quindi domande, curiosità che possono nascere da un nome o da un disegno
sotto al quale il nome si trova: Dnjester, Dnjeper, Zlota Lipa; che nomi sono? Bug, Styr, Tarnow, dove sono? O anche qualcosa di più vicino a noi: S. Michele, Doberdò, Piave; perchè? Oppure acronimi di difficile interpretazione, quale, uno per tutti, K.u.K.G.H.D.v.M. così, senza spazi tra le lettere, senza suggerimenti possibili. Chi è il collezionista? Quali sono le possibili categorie per inquadrarlo, capirlo, analizzarlo?
A mio avviso il punto di partenza sta nella biblioteca del singolo. Solo una profonda conoscenza degli argomenti, supportata da una adeguata biblioteca tematica, ma non solo, può infatti dare al collezionista quelle nozioni importanti che, oggi condivise da molti, erano alle origini motivo di studio, impegno e ricerca per pochi. Lo studio della Grande Guerra dà infatti
spazio alle più svariate ricerche: dal sociologico allo psichiatrico, dal medico al legale, dall’uniformologico all’oplologico, dalla conoscenza dei canti dei soldati – di tutti i soldati – al letterario evoluto, quello dei grandi scrittori dai nomi noti, così come a quello della memorialistica popolare, testi scritti per sé o per pochi e solo da pochi anni riscoperti e studiati. Così la nostra furia collezionistica spesso ci spinge ad acquistare il pezzo mancante senza porci troppe domande sul cosa, il dove e ancor più importante: chi, tralasciando in questa sede i perché che ci porterebbero lontani da questo tentativo di analisi e di approfondimento sullo “stato dell’arte”.
Trascurati per anni come oggetti minori – chi di noi più anzianotti non ricorda il rifiuto di acquistare da un vecchietto una intera valigia di questi distintivi? – poco stimati forse da
qualcuno in quanto “prodotti dal nemico”, da altri perché non conosciuti, non ancora analizzati, privi di peso nella collezione, privi di una precisa collocazione.
Eppure negli anni qualcosa è successo, sono stati fatti studi e ricerche anche su di questi distintivi “semi ufficiali”, portando così un gran numero di appassionati alla scoperta della
verità: sono belli, sono fatti bene, raccontano più di mille parole nella breve sintesi esaustiva dell’incisione o dello sbalzo sulla piccola base di metallo. Non sempre l’opera del ricercatore ha avuto la fortuna di incontrare un editore attento. Sarebbe stato necessario aspettare infatti il momento in cui l’editoria a tema Grande Guerra fosse divenuta un businnes, un momento di interesse per tanti, ma per farlo ci sarebbe voluto un indovino. Chi mai avrebbe pensato nel 1970 che solo 10 anni dopo sarebbero nate case editrici solo e soltanto per la stampa di volumi sul tema della prima guerra mondiale.
Così uno studio apparso nel 1990 in Austria, dal titolo Die Regimentsabzeichen der Österr.-Ungarischen Kavallerie im 1. Weltkrieg (I distintivi reggimentali della cavalleria austro ungarica nella prima guerra mondiale) del generale della riserva Lothar Brósch-Forheim ha visto poche edizioni pubblicate privatamente, l’ultima delle quali, la quarta, allargata, come dice il sottotitolo, edita nel 1990. E la prima era del 1982. Ma questa interessante e misconosciuta opera ha un precedente illustre: il comando della Terza Armata pubblicò infatti nel 1917 un fascicolo dal titolo “Azioni sul Carso, agosto - settembre 1917, inchieste e statistiche”. In questo fascicolo, il numero 2 della serie, con il fine di approfondire la conoscenza delle unità dell’esercito nemico, ma anche e più ancora la sua composizione etnica, appaiono alcune tavole con le immagini dei Kappenanbzeichen (e delle decorazioni) tolti ai prigionieri raccolti, o come dice la seconda di copertina concentrati nel campo di Bagnaria Arsa. Interessante notare come già queste tavole propongano una suddivisione di questi oggetti molto vicina a quella del moderno collezionista, suddividendo le tavole stesse con titoli quali “i sovrani”, “i generali”, “croci e targhette commemorative della guerra in generale”, “targhette commemorative di speciali scacchieri e località”, “targhette augurali”, “corpi d’armata, divisioni, brigate”, “enti e servizi vari”, “marina” in una suddivisione molto vicina a quella proposta da Janez Švajncer nell’ormai lontano 1988, anno di una mostra veramente pionieristica tenutasi a Maribor, nell’allora Yugoslavia, oggi in Slovenia.
Un catalogo di grande interesse che per la prima volta affrontava temi quali l’impiego degli sloveni nella prima guerra mondiale, l’esercito austro-ungarico, ma anche sui i reggimenti che reclutavano nel Krajn (territorio comprendente gran parte dell’attuale Slovenia) e nel Litorale, toccando così anche temi di interesse per gli italiani d’Austria, i così detti adriatici, fin qui meno studiati dei trentini particolarmente da parte delle istituzioni. Ancora lo Švaincer, ma siamo già nel 1991, dette alle stampe quello che per anni è stato “il catalogo”, la “bibbia” dei ricercatori di Kappenabzeichen: il volume Österreich – Ungarn für Kollektionäre, catalogo questa volta di una mostra tenutasi a Liubljana. Ampliato nelle immagini e nei temi, il volume non tocca più la storia dei singoli reparti o del territorio sloveno nella Grande Guerra, pur allargando l’esposizione a decorazioni, distintivi di specialità, medaglie commemorative di manovre e fatti bellici.
Nello stesso anno esce in Polonia un piccolo volume, quasi un quaderno, dal titolo Rakousko-Uherské valečné čepicoveé odznaky, di Josef Fučik; vi sono raccolte le
immagini di nove Kappenabzeichen e di dodici ritratti di soldati o ufficiali con i distintivi ben in vista sul berretto, ma più ancora vi è una prima breve bibliografia tematica. Privo di data
ma di pochi anni successivo appare un volume in lingua ungherese, nazione che mai ha dimenticato i suoi caduti e le sue battaglie al fronte italiano, dal titolo Királyért és hazáért.
Pur occupandosi principalmente di uniformologia ed equipaggiamenti, il volume non trascura di valorizzare, sparsi tra le tavole, alcuni Kappenabzeichen, in particolare quelli dedicati ai luoghi dove più le unità ungheresi conobbero il sacrificio: San Martino, San Michele, Doberdò, Carso di Comeno.
Dal sito www.austro-hungarian-army.co.uk
Ma da noi, in Italia? Quale è lo “stato dell’arte” e quali le prospettive? Nel 1998, ottantesimo della fine della Grande Guerra, i Musei Provinciali di Gorizia hanno dato alle stampe i cataloghi di una mostra ospitata nei locali di Borgo Castello, suddivise in due sezioni: L’anno della Vittoria e La guerra nella testa. In questa seconda sezione e nel relativo catalogo era ospitata anche una mostra sui Kappenabzeichen, con particolare riguardo a quelli goriziani. Ma l’eccezionalità della cosa sta nel contributo curato da Paola Pesante, insegnante di lettere e storica dell’arte, intitolato Kappenabzeichen: un piccolo microcosmo, nel quale veniva analizzata con criteri innovativi e con la collaborazione del curatore la collezione di Roberto Todero. I distintivi infatti non vengono più suddivisi con criteri di tipo militare, ma per tipologie estetiche quali “le figure emblematiche”, “zoomorfe”, “eroiche” e così avanti, uscendo dagli schemi e ridando al Kappenabzeichen, per la prima volta la giusta dignità di piccolo oggetto d’arte, tentando al contempo una ricerca su fabbricanti, incisori e medaglisti.
I Kappenabzeichen così classificati verranno riproposti con gli stessi criteri ampliati anche l’anno successivo, il 1999, a Lavarone, in occasione della mostra La guerra in salotto, privilegiando naturalmente quelli a tema altopiani.
Nel 2001 sarà la volta di Siro Offelli che nella sua opera Le armi e gli equipaggiamenti dell’esercito austro-ungarico dal 1914 al 1918 – volume primo, Edizioni Rossato, darà un ampio spazio alle immagini dei Kappenabzeichen, senza trascurare una serie di spiegazioni sulla loro origine e sul loro utilizzo.
Nel 2003 appare Kappenabzeichen, distintivi da berretto austro-ungarici, piccoli oggetti d’arte e di racconto della grande guerra, di Roberto Todero con la prefazione di Walther Schaumann, Gaspari Editore. Il volume raccoglie per la prima volta in maniera organica tutto ciò che all’epoca era noto sui distintivi da berretto in capitoli quali norme sull’uso dei distintivi da berretto, nel quale si ripercorrono i regolamenti dell’epoca, il problema delle lingue e delle etnie nei Kappenabzeichen, problema di importanza addirittura vitale per la compagine austro-ungarica, l’altra metà dell’Impero.
I distintivi ungheresi studio nel quale si analizzano le differenze tra i distintivi prodotti nelle due metà dell’impero, i Kappenabzeichen nella propaganda, precursore di successivi e più esaustivi studi, Kappenabzeichen artigianali argomento attuale oggi dato lo sviluppo dell’archeologia della Grande Guerra, Arte e Kappenabzeichen (di Paola Pesante) nel quale si ripercorre il cammino di ricerca fatto dopo il contributo al catalogo goriziano, Kappenabzeichen e servizio informazioni italiano capitolo nel quale si analizza l’uso che il servizio informazioni faceva di tali oggetti sequestrati ai militari caduti in prigionia, collezionare oggi sezione dedicata allo studio dei falsi, problema che nel 2009 era già della massima attualità dato il proliferare di commercianti e falsari sempre più abili, i Kappenabzeichen nel dettaglio infine illustra in maniera estensiva quanto raffigurato nei vari distintivi riprodotti nel volume evidenziando anche l’aspetto squisitamente militare del motivo riprodotto; il tutto corredato da una ricca bibliografia e da una traduzione di parte dei capitoli in lingua tedesca.
Il volume sconta purtroppo alcuni difetti: la mancata riproduzione dei distintivi in scala e la tecnica fotografica: la stampa dei Kappenabzeichen è stata ricavata da diapositiva e non con le attuali tecniche digitali, perdendo così in nitidezza. Ma nulla invece perde il volume anche a diciassette anni di distanza dalla pubblicazione nel suo valore intrinseco quale base informativa per i collezionisti.
Nel 2004 la Verlag Militaria di Vienna pubblica lo studio di Tristan Loidl dal titolo Andenken aus eisernen Zeit; patriotische Abzeichen der österreichisch – ungarischen Monarchie von 1914 bis 1918. Il volume, splendidamente realizzato e riccamente illustrato svela tutti i segreti delle varie azioni patriottiche messe in atto durante la Grande Guerra per la raccolta dei fondi per i più vari scopi; una miniera d’informazioni che nessun collezionista degno di tale nome può permettersi di ignorare.
Nel 2005 appare per i tipi delle Edizioni Saisera un volume molto atteso: “1915-1918 dallo Stelvio al Piave”, di Gabrio Collodel e Francesco Romanzi. Il volume ripercorre il fronte italo austriaco attraverso i Kappenabzeichen, seguendo così, almeno nelle prime parti, un criterio di tipo geografico.
Nello stesso anno la Verlag Militaria pubblica “Sturmtruppen” un libro sulla storia e lo sviluppo di queste unità d’assalto dedicando un intero capitolo agli “Sturmtruppenabzeichen”, i distintivi delle truppe d’assalto.
Nel 2006 Roberto Todero riassume in un volume alcune delle collezioni dei Civici Musei di Udine ne “Ai confini della Patria, distintivi, decorazioni e Kappenabzeichen della prima guerra mondiale”, Gaspari Editore. Tra le tante “medagliette”, questo il nome convenzionale scelto nei colloqui con l’editore, appare una importante collezione di Kappenabzeichen, qui analizzata con gli stessi criteri utilizzati per “Kappenabzeichen,
distintivi da berretto austro-ungarici, piccoli oggetti d’arte e di racconto della grande guerra” dello stesso autore; non a caso per l’immagine della copertina viene scelto proprio un Kappenabzeichen.
David Erik Pipan presenta nel 2006 una conferenza per immagini dal titolo Na fronti (al fronte) analizzando alcuni distintivi del fronte isontino e mettendoli a confronto con fotografie d’epoca e non degli stessi luoghi, aprendo così una diversa strada.
Ancora del 2006 il volume della Verlag Militaria Die k.k. Landwehr Gebirgstruppen dedicato alle truppe da montagna dell’esercito austro ungarico. Vi appaiono numerosi e ben descritti i relativi Kappenabzeichen.
Il 2007 vede due importanti iniziative a cura del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto: la pubblicazione di Galizia, Pasubio, Isonzo, distintivi militari austro-ungarici tra propaganda e orgoglio di reparto catalogo dell’importante mostra omonima, prima mostra il cui tema è solo e soltanto il Kappenabzeichen; ospitata nel castello di Rovereto la mostra ha offerto un vasto panorama su di questi distintivi e sugli oggetti correlati.
Nel 2008 ancora Francesco Romanzi e Gabrio Collodel, sempre per le Edizioni Saisera pubblicano in un volume uno studio molto settoriale: Weinachten im Felde 1914 – 1917. Il Natale al fronte visto attraverso i Kappenabzeichen. Il criterio espositivo è qui quello temporale, la grafica del volume è la stessa del precedente “1915-1918 dallo Stelvio al Piave”.
Ma l’evento atteso da tutti i collezionisti del settore è stato nel 2008 (anche se il libro è datato 2007) la comparsa di Kappenabzeichen, i distintivi militari austro – ungarici 1914-1918 di Alberto Lembo con il contributo di Siro Offelli. Un volume di grande formato nel quale i due autori, rompendo con gli schemi del passato (Švaincer – Todero) catalogano in modo diverso una gran mole di distintivi, pubblicandone le immagini con tecnica digitale. Anche se molti tra i collezionisti hanno tentato delle critiche al volume, lo stesso non è attaccabile proprio per la sua mole e l’impegno che un simile lavoro ha richiesto ai due autori e all’editore, il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto. Interessante il tributo che il volume rende alla ricerca di Paola Pesante pubblicata nel ’98 a Gorizia e sopra citata: Kappenabzeichen, un piccolo microcosmo.
Sempre del 2008 per i tipi della Verlag Militaria appare Des Kaisers Bosniaken, volume tutto dedicato ai soldati provenienti dalla Bosnia Erzegovina, occupata nel 1878 a seguito del congresso di Berlino e annessa nel 1908. Anche in questo volume largo spazio è dato ai Kappenabzeichen di queste unità.
Per il 2009 va di certo citata la mostra Museo per un giorno, ospitata in una centrale Enel vicino a Vittorio Veneto, mostra nella quale Roberto Todero ha presentato una selezione di Kappenabzeichen a tema Fronti dimenticati della Grande Guerra (Fronte Orientale fronte Balcanico, Fronte Romeno, Fronte Medio orientale, Palestina).
Del 2011 lo studio di Marco Gramola e Luca Girotto Placchette dal Lagorai, Kappenabzeichen di scavo dalle trincee delle Fassaner Alpen, mentre nel 2012 viene pubblicato in Ungheria Mindent a hazáért (tutto per il tuo paese), a cura di Sally Gergely Pál; del 2012 Csak elöre, édes fiam (un po’ più avanti, cari ragazzi) di Hermann Attila, Szanyi Miklós.
Sempre nel 2012 Roberto Todero pubblica Cani e soldati nella prima guerra mondiale, quattrozampe al servizio dell’umanità nell’esercito asburgico, uno studio sull’uso dei cani in guerra nel quale non manca una ampia sezione dedicata a Kappenabzeichen e alle medaglie dedicate al più fedele amico dell’uomo.
Ancora Gramola e Girotto, con Luca Albertini pubblicano nel 2013 Placchette dagli altipiani Kappenabzeichen di scavo raccolti tra Vezzena, Ortigara e Marcesina. Dello stesso anno Aleš Lipovec, Vedno kot pri Bovcu (sempre come a Bovec).
Un passo avanti rilevante lo fa David Erik Pipan con il suo Tako značko nosim jaz, (porto questo distintivo) uno studio esaustivo sulla relazione tra luoghi, Kappenabzeichen e reparti militari al fronte dell’Isonzo, con un occhio di riguardo per i soldati sloveni.
Arriviamo ora a tempi recenti nei quali vedono la luce i due volumi della serie An allen Fronten, di Fabio Fabris, Emanuele Marchi e Davide Tonazzi. Il volumi collocano i distintivi – rigorosamente usciti dal terreno – sui loro luoghi, analizzando e comparando immagini di paesi e montagne per entrare nel Kappenabzeichen e viverlo come una testimonianza.
In fondo, ma non certo per importanza, va citata la rubrica pubblicata sulla rivista mensile Uniformi & Armi dal titolo Kappenabzeichen, curata da Mario Zanella. Mese dopo mese vengono analizzati in ogni dettaglio i più vari tipi di Kappenabzeichen dai vari punti di vista: artistico, militare, di unità eccetera. Il numero di novembre 2008, il n° 151, aveva all’interno di questa rubrica un articolo a cura di Roberto Todero sulla diffusione di distintivi durante la guerra: Katalog der Armeeabzeichen (1915 – 1916). La strada tracciata dalla Rivista continua oggi con la sua “erede”, Uniformi che ha già dedicato spazi ai Kappenabzeichen.
Alla stessa maniera la rivista Na Fronti, periodico della associazione Soška Fronta ha pubblicato e pubblica articoli tematici su singoli settori del fronte isontino: tra Predil e il Krn, Distintivi della testa di ponte di Tolmino, Distintivi della Testa di Ponte di Gorizia e via dicendo.
Sono certo che non sia finita qui; guardando avanti credo che in futuro la ricerca sul tema dei Kappenabzeichen richieda ancora molti studi, possibili solo con una collaborazione a livello internazionale. Anche nell’est europeo, chiuso per anni a ogni contatto, ci sono fior di collezionisti che dalle varie province dell’antico impero propongono ritrovamenti spesso inediti. Una diversa via sarà certo quella legata alla possibilità di traghettare il Kappenabzeichen dal solo mondo della Militaria a quello della Storia dell’Arte, chiudendo così un cerchio il cui lungo percorso virtuoso era iniziato a Gorizia nel 1998 con il su citato Kappenabzeichen: un piccolo microcosmo.
Cronologia libri
1982: Lothar Brósch-Forheim, Die Regimentsabzeichen der Österr.-Ungarischen Kavallerie im 1. Weltkrieg (I distintivi reggimentali della cavalleria austro ungarica nella prima guerra mondiale), edito in proprio Vienna, 1982, ultima ed. 1990.
1988: Janez Švajncer, Svetovna Vojna 1914 – 1918, Pokkrajinski muzej Maribor, Jugoslavija.
1990: Zoltan Barcy, Somogy Gyözö, Királyért és hazáért, Corvina, (per il Re e per la Patria).
1991: Janez Švajncer, Österreich – Ungarn für Kollektionäre, L’Austria-Ungheria per i collezionisti) Militaria Slovenika Ljubljana, Jugoslavija.
1991: Josef Fučik, Rakousko-Uherské valečné čepicoveé odznaky, Hobby Press, Stranavy, Cecoslovacchia (separazione Slovacchia 1993).
1998: La Guerra nella Testa (catalogo della mostra), Kappenabzeichen un piccolo microcosmo, Musei Provinciali di Gorizia, LINT.
2001: Siro Ofelli, Le armi e gli equipaggiamenti dell’esercito austro-ungarico dal 1914 al 1918 – volume primo, Gino Rossato, Noale – Valdagno (Vi).
2003: Roberto Todero, Kappenabzeichen, distintivi da berretto austro-ungarici, piccoli oggetti d’arte e di racconto della grande guerra, Gaspari,Udine.
2004: Tristan Loidl, Andenken aus eisernen Zeit; patriotische Abzeichen der österreichisch – ungarischen Monarchie von 1914 bis 1918, Verlag Militaria,Wien.
2005: Gabrio Colodel, Francesco Romanzi, 1915 – 1918 Dallo Stelvio alPiave, Il fronte austriaco visto attraverso i Kappenabzeichen, EdizioniSaisera, Valbruna.
2005: Christian Ortner, Sturmtruppen, Verlag Militaria, Wien.
2006: Roberto Todero, Ai confini della Patria, distintivi, decorazioni e Kappenabzeichen della prima guerra mondiale, Gaspari Editore, Udine.
2006: Hintertosser, Ortner, Schmidl, Die k.k. Landwehrgebirgstruppen, Verlag Militaria, Wien. 2006: David Erik Pipan Conferenze, Na fronti (al fronte), analisi delle immagini dei Kappenzabzeichen confrontati con foto di luoghi del fronte isontino.
2007: Loidl, Milanesi, Galizia, Pasubio, Isonzo, distintivi militari austro-ungarici tra propaganda e orgoglio di reparto (catalogo), Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto.
2008: Gabrio Colodel, Francesco Romanzi, Weinachten im Felde 1914 – 1917. Il Natale al fronte visto attraverso i Kappenabzeichen, Edizioni Saisera, Valbruna.
2008: Alberto Lembo (e Siro Ofelli), Kappenabzeichen, i distintivi militari austro–ungarici 1914 -1918, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto.
2008: Neumayer, Schmidl, Hinterstoisser, Wohnout, Kaisers Bosniaken Verlag Militaria, Wien.
2009: Museo per un Giorno, Roberto Todero presenta Fronti dimenticati della Grande Guerra (Fronte Orientale fronte Balcanico, Fronte Romeno, Fronte Medio orientale, Palestina).
2010: Sally Gergely Pál, Mindent a hazáért (tutto per il tuo paese), Zrinyi Kado, Budapest.
2011: Marco Gramola, Luca Girotto, Placchette dal Lagorai, Kappenabzeichen di scavo dalle trincee delle Fassaner Alpen, Associazione Storico Culturale Valsugana Orientale e Tesino.
2012: Hermann Attila, Szanyi Miklós, Csak elöre, édes fiam (un po’ più avanti, cari ragazzi), Mélusz Központ, Debrecen.
2013: Marco Gramola, Luca Girotto, Fulvio Albertini, Placchette dagli altipiani Kappenabzeichen di scavo raccolti tra Vezzena, Ortigara e Marcesina, Associazione Storico Culturale Valsugana Orientale e Tesino.
2013: Aleš Lipovec, Vedno kot pri Bovcu (sempre come a Bovec), Narodna in univerzitetna Knjiznika, Ljubljana.
2014: David Erik Pipan, Tako značko nosim jaz, (porto questo distintivo) Društvo Soška Fronta, Nova Gorica.
2016: Diego Zanini, Gut Sturm.
2017: Fabio Fabris, Emanuele Marchi, Davide Tonazzi, An allen Fronten 1, Edizioni Saisera, Valbruna.
2017: Alberto Lembo, Segni Distintivi, Kappenabzeichen militari e stemmi patriottici dell'Impero austro-ungarico (1914-1918). La collezione del Museo storico italiano della guerra, Trento.
2019: Fabio Fabris, Emanuele Marchi, Davide Tonazzi, An allen Fronten 2. Cento anni dopo distintivi e oggetti personali trovati sui luoghi della Grande Guerra ci raccontano la vita dei soldati austro ungarici, Edizioni Saisera, Valbruna.
Riviste
Uniformi & Armi:
Mario Zanella cura una rubrica dedicata ai Kappenabzeichen
2008: Roberto Todero Katalog der Armee Abzeichen (1915-1916), catalogo d’epoca.
Na Fronti:
2001 varianti distintivi Isonzo Armee, 2003 distintivi Isonzo tra Predil e il Krn, Distintivi della testa di ponte di Tolmino, 2016 Distintivi della Testa di Ponte di Gorizia
Uniformi:
Analisi del Kappenabzeichen della Kaiserjäger Division.